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Recensione: L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami

Creato il 24 settembre 2014 da L'Angolino Di Ale @LangolinodiAle

Ciao a tutti, cari lettori! Oggi vorrei portarvi in Giappone con l’ultimo romanzo di Murakami, autore che ho conosciuto ed apprezzato attraverso la lettura di “Norwegian Wood. Tokyo Blues“. Non mi resta che augurarvi buon relax con tante belle letture!

L'incolore Tazaki Tsukuru

Titolo  L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio Autore:  Haruki Murakami Traduzione di  Antonietta Pastore Casa Editrice :  Einaudi Pagine :   272 Prezzo :  20.00€ cartaceo (copertina rigida) su Amazon: 17.00 € cartaceo – 10.99€ eBook La trama  - L'angolino di Ale Quando vieni tradito dagli unici amici che hai, quando all’improvviso le persone più care ti voltano le spalle senza una spiegazione, nel tuo cuore si spalanca un abisso dentro il quale è facile precipitare. Tazaki Tsukuru ha convissuto con il dolore di quell’abbandono per troppo tempo. Dopo sedici anni capisce che non può nascondersi per sempre: deve rintracciare gli amici della giovinezza e scoprire il motivo di quel gesto. Ma più di tutto deve scoprire chi è veramente Tazaki Tsukuru. La mia recensione - L'angolino di Ale Quando si è adolescenti il gruppo diventa la propria forza e ci si lascia trasportare dalle emozioni del momento. Tazaki Tsukuru all’epoca era uno studente universitario e si sentiva parte integrante di questo gruppo. Ma all’improvviso succede qualcosa ed i suoi quattro amici prendono strade diverse, lontane da lui. Tsukuru, credendo di essere lui stesso la causa di questo allontanamento, si isola sempre di più, cambiando città e dedicandosi alla sua unica passione: lo studio della costruzione di stazioni ferroviarie. Questa separazione dai suoi amici lo rende sempre più apatico e sfiduciato, a tal punto da pensare di voler mettere fine alla propria vita. Tsukuru inizierà a chiedersi il perché di questo distacco senza tuttavia trovare risposte.
Cercare di conoscere il proprio valore è come pesare qualcosa privi di un’unità di misura. L’ago della bilancia non riesce a fermarsi con uno scatto netto in un punto preciso
Tsukuro inizia così a riflettere sul proprio passato ed il suo gruppo di amici. Ciascuno di loro aveva la particolarità di possedere un cognome contenente un colore. Ad esempio: Aka significa rosso oppure Shiro significa bianco. L’unico a non possedere nessun colore è proprio lui, Tsukuru.
L’essere privo di colore gli dispiaceva al punto da sentirsene ferito
Il suo viaggio verso la scoperta della verità sarà lungo e tortuoso e non sarà un viaggio fisico verso una meta precisa, bensì un itinerario dentro sé stesso per scoprire chi è davvero Tsukuru e che cosa può offrire al mondo. Tsukuru si sente escluso ed è stanco di sopportare i “colori” della gente. Vivere è diventato un peso ed il senso di smarrimento è forte.
Ogni persona ha un suo proprio colore, una tonalità la cui luce trapela appena appena lungo i contorni del corpo. Una specie di alone. Come nelle figure viste in controluce
Murakami, con la sua consueta maestria, ci trasporta in un modo al confine tra realtà e sogno. Le due dimensioni si alternano disorientandoci. A tratti poetico, a tratti filosofico, Murakami esprime tutto il disagio e l’incapacità che i giovani (e non solo) hanno nell’approccio, sano e costruttivo, nei confronti del prossimo. Spesso abbiamo una percezione sbagliata di noi stessi: crediamo di essere in un modo quando, in realtà, gli altri ci vedono in maniera totalmente diversa. La scelta del titolo non è casuale. L’ideogramma della parola Tsukuru significa “costruire” ed il protagonista, al di là della sua passione per la costruzione delle stazioni, deve necessariamente assemblare i pezzi di sé stesso ed iniziare ad edificare il proprio futuro sulle basi di un passato instabile.
L’atteggiamento degli uomini verso i limiti e i confini è ciò che definisce la loro libertà
Come accade spesso nella letteratura giapponese, le tematiche trattate sono connesse alla morte, la solitudine, il sesso. Il tutto viene vagliato razionalmente dall’autore, il quale, attraverso il suo personaggio, ci mette di fronte ad interrogativi comuni a tutti noi. Tsukuru dovrà viaggiare tra i propri incubi e le proprie incertezze, tra flussi di gente e di emozioni, sfidando la paura di fare, di dire e di agire. Dovrà trovare il coraggio di affrontare la vita, dando voce alle proprie sensazioni. Tutti noi, talvolta, attraversiamo momenti difficili (per un abbandono, una perdita, …) ed in questi momenti pensiamo di non avere più nulla da offrire al mondo. Ciò nonostante diventano questi i momenti in cui la tenacia di un individuo deve emergere, rompendo i vecchi schemi e far sì che quel “valore aggiunto“, quel colore speciale intrinseco in ciascuno di noi, possa nuovamente affiorare. Nessuno di noi è insignificante o vuoto. Semplicemente è necessario trovare la propria stazione da costruire, mettendoci tutte le proprie forze.
La vita è come uno spartito complesso. Piena di semicrome o biscrome, di segni strani, di annotazioni dal significato oscuro. Decifrarla è un’impresa ardua e anche saperla leggere correttamente, anche a saperla trasformare nella musica più bella, non è detto che poi la gente la capisca e l’apprezzi nel suo giusto valore
Vi lascio con la melodia (un po’ inquietante ma che esprime perfettamente l’essenza del romanzo) citata più volte all’interno del libro. Si tratta di “Anni di pellegrinaggio – Le Mal di Pays” di Franz Liszt.


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